“Credo che l’integrazione passi da una conoscenza della storia; perché, nella storia, persone che vengono da esperienze diversissime in verità trovano sempre elementi comuni.”

“Credo che l’integrazione passi da una conoscenza della storia; perché, nella storia, persone che vengono da esperienze diversissime in verità trovano sempre elementi comuni.”

“Voci oltre i muri” l’integrazione attraverso la conoscenza

Il racconto di Andrea

 

Buongiorno Andrea Pioselli! Lei partecipa alla Rete di Quartiere di Centro Sant’Alessandro, con che ruolo e come ha intercettato la Rete?
Partecipo rappresentando la mia scuola. Sono Dirigente Scolastico dell’IC Mazzi di Bergamo. Un istituto molto ampio con molte sedi. Oltre la sede centrale, quella storica, in Centro Sant’Alessandro, ha sedi in tantissimi quartieri diversi come San Tomaso e Malpensata, e anche a Orio al Serio. É una realtà ben radicata nel quartiere ed è una delle poche sedi scolastiche rimaste nel centro città.

Ho iniziato a partecipare alla Rete di Quartiere qualche anno fa; era all’inizio della nascita delle Reti. Sono stato invitato dall’allora Operatore di Quartiere a partecipare e l’ho voluta prendere come un’occasione. Innanzitutto perché mi incuriosiva questa nuova realtà di rappresentanza nei quartieri e di partecipazione – soprattutto dopo lo smantellamento delle Circoscrizioni – e poi, perché volevo incontrare anche altri soggetti del territorio. Inoltre ritenevo opportuno che la Scuola avesse una presenza in queste Reti. La scuola non viene spesso vista come una realtà che può arricchire il quartiere, viene molte volte ignorata da altri attori sociali. Quindi mi sembrava opportuno far sentire questa presenza e portare il nostro contributo.

C’è un’iniziativa che secondo lei è stata frutto del lavoro in Rete?
Direi “Voci oltre i muri”. Un’iniziativa che abbiamo realizzato con l’aiuto della Rete di Quartiere, grazie ad essa abbiamo trovato i soggetti con cui collaborare, oltre che una infrastruttura comunicativa dove diffondere l’iniziativa.
Il nostro intento era quello di raccontare le storie del quartiere ai genitori dei nostri studenti, che spesso non conoscono la lingua italiana, e a farlo sono stati proprio i nostri ragazzi. Questo quartiere è abitato da cittadini di provenienze diverse; basti pensare che la nostra scuola è frequentata da alunni di più di 50 nazionalità.
É stato un progetto lungo, la preparazione è durata un po’ di mesi. Abbiamo iniziato dal conoscere e studiare le storie del quartiere – più o meno recenti, quelle del XX secolo – cercando di mettere la luce su alcuni luoghi e personaggi legati a questo quartiere. Qui abbiamo collaborato con l’Istituto di Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Bergamo (ISREC).
I ragazzi, divisi in gruppi, hanno potuto approfondire un personaggio, un momento, un luogo e poi grazie alla loro conoscenza di un’altra lingua e con l’aiuto di una serie di mediatori linguistici, abbiamo tradotto queste storie. Abbiamo prodotto testi in 5/6 lingue; quelle più parlate nel nostro istituto.

Dopo di che abbiamo allestito una mostra nello spazio comunale in gestione all’Accademia di Belle Arti G. Carrara in via Quarenghi 33/C che è anche la sede della Rete di Quartiere. La tematica della mostra ruotava attorno al concetto dei muri e alla necessità di superare i muri. Da qui il nome della mostra “Voci oltre i muri”. I ragazzi hanno condotto i genitori con visite guidate in italiano e nelle varie lingue, mentre i bambini delle classi più piccole hanno esposto dei loro elaborati.
Sono venuti tanti genitori che hanno potuto ascoltare i propri figli raccontare le storie della loro casa di oggi, questo quartiere, ma raccontate in modo che tutti potessero capire.
Tradurre le storie nelle varie lingue è stato un modo per cui tutti potessero apprezzare, conoscere e sentire propri questi racconti. Questo perché chi viene da altri paesi non può integrarsi in un territorio se non sa, se non conosce nulla di quel luogo.
É stata un’occasione che ha unito il passato del quartiere – attraverso racconti della resistenza, di lotta e di guerra – con il suo futuro, ovvero quelle persone venute qui ad abitare il quartiere e provenienti da ogni parte del mondo con altrettante storie da raccontare.

É stato un bell’esempio di integrazione dove la “conoscenza” è stata la chiave…
Io credo fermamente che l’integrazione passi da una conoscenza della storia; perché, nella storia, persone che vengono da esperienze diversissime in verità trovano sempre elementi comuni.
I grandi temi, i grandi passaggi della storia dei popoli ma anche delle famiglie, sono sempre gli stessi e quindi le persone si riconoscono nella storia degli altri.
D’altra parte però l’ostacolo maggiore è la comunicazione tra persone; non è tanto la cultura, che è un’espressione molto generica; l’ostacolo è la lingua. Nel momento in cui si supera questo ostacolo io ho sempre visto un riconoscimento e una comunicazione efficace tra le persone. Va fatto un lavoro di conoscenza reciproca tra le persone che vivono nel quartiere, ma penso che siamo sulla buona strada.

E secondo lei, la Rete di Quartiere ha in qualche modo incanalato questa “buona strada”?
Io credo di sì. La Rete è uno strumento indispensabile altrimenti sarebbe molto più difficile stabilire relazioni di fiducia. É una realtà che ha creato un luogo di discussione, di confronto tra visioni diverse, ma anche di ascolto di certe paure.
Inoltre devo dire che ho trovato nella Rete di Quartiere tante persone che hanno una visione più ottimistica dell’integrazione, più di quanto pensassi.

Pensando al futuro. Ci sono delle iniziative che vorreste attivare?
In linea generale mi piacerebbe proseguire secondo quanto abbiamo già realizzato. Cioè su progetti che sappiano fare sintesi tra l’identità storica del quartiere – che è molto sentita dai residenti più anziani – e gli attuali abitanti del quartiere. Iniziative che sappiano un po’ unire questi due poli. Recuperare quello che è l’identità del quartiere ma sapendola integrare anche a nuove persone che sono venute ad abitare qui.
Mi piace l’idea di un incontro tra persone. Quelle che conservano un ricordo del quartiere com’era un tempo e i bambini che lo vivono oggi e che ne rappresentano il futuro.

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